Casalpiano: il liberto e la sua padrona, i monaci e la necropoli.

Casalpiano: il liberto e la sua padrona, i monaci e la necropoli.

 

L’antica badia di S. Maria di Casalpiano sorge nell’agro di Morrone del Sannio (Cb).

Come accade frequentemente nel Medioevo, gli edifici importanti nascono appoggiandosi alle strutture più antiche di costruzioni romane, infatti, a Casalpiano di chiese ve ne sono due.

Le prime notizie sono relative all’anno 1017 quando l’attività religiosa dell’Abbazia era soggetta a Montecassino. Grazie all’opera dei monaci benedettini il complesso di S. Maria in Casalpiano tornò a nuova vita. Delle due basiliche che si vedono quella distrutta è senz’altro la più antica:ancora incerta è la sua collocazione e oggi restano solo le rovine delle tre absidi semicircolari che ancora sfidano il tempo, mentre l’odierna chiesa di Santa Maria, con una tipica struttura in stile romanico-molisano, diffuso tra il XIII e XIV secolo, è il frutto di successive trasformazioni, nel ‘500 prima e nel ‘700 poi, che ne hanno modificato l’orientamento e le decorazioni.

Nella zona di Casalpiano esisteva una villa rustica che, come tutte le grandi ville romane, era attrezzata non solo per le attività agricole, ma anche e soprattutto per garantire al padrone una comoda residenza. Lo scavo archeologico ha rivelato la presenza di ambienti con pavimenti a mosaico dagli interessanti motivi geometrici, un piccolo complesso termale e il ritrovamento di una lapide che i domestici di Rectina vollero collocare per ringraziare gli dei per il ritorno della padrona scampata ad un tremendo pericolo.
Ma chi era Rectina e quale il pericolo a cui riuscì a scampare? L’intuizione l’ebbe nel 1939  l’americano Van Buren che ritenne di individuare nella nobildonna romana la Rectina di cui parlò Plinio il Giovane nella lettera inviata a Tacito per raccontare della disastrosa eruzione del Vesuvio nel 79 d.C.. Plinio non dice esplicitamente se Rectina riuscì a salvarsi, ma la nostra lapide conferma il lieto fine.

Fino ad ora sono state rinvenute più di cinquanta tombe relative a uomini, donne e bambini, una vera e propria necropoli romana.

Quando si giunge all’Abbazia il silenzio del luogo immerge il visitatore in una dimensione quasi onirica che invita a perdersi nel tempo, in un’armonia perfetta tra la natura che la circonda e la mano dell’uomo.